Quando arrivava l’estate, Napoli sprofondava in una luce onnipotente e dolciastra, una luce piena d'umidità, sensuale e potente, che si conficcava nel cervello e ne rallentava i pensieri. Era una luce che si poteva assaggiare sulla punta della lingua, eppure non toccava mai davvero niente, si limitava a rimanere in alto, sospesa e distante, oltre ogni cosa, oltre le cime degli alberi, oltre i tetti delle case, oltre i pennoni dondolanti delle barche nella darsena di via Partenope. Era una una luce che cominciava a manifestarsi nelle ultime settimane di maggio e poi, man mano che proseguivano i mesi, scolorava in una serie di gialli sempre più sottili finché arrivava agosto, e agosto era il mese bianco per eccellenza, era il mese in cui la luce perdeva definitivamente consistenza trasformandosi in un'unica vampata di vapore bianco, ossessivo e debordante.
Era questa la luce che Teo attendeva per tutto l'anno, pensando che fosse lì dentro il segreto della sua salvezza, il segreto per stare bene col mondo, benché questa cosa ovviamente non l'avrebbe mai rivelata a nessuno. Ma lui sapeva, in un modo impercettibile ma definitivo, che ogni vita può andare avanti solo al prezzo di cogliere alcuni momenti assoluti, e da sempre, da quando aveva preso coscienza del suo essere al mondo, i suoi momenti assoluti coincidevano con due cose: sentirsi circondato da questa luce. E correre.
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Settembre 2017
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