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Divertirsi da morire - perché ci bombardano di programmi su comici, commedie, sit come e altre stronzate.

8/1/2017

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Più di venticinque anni fa un sociologo americano aveva spiegato perché di qui a breve la televisione sarebbe stata invada da decine e decine di programmi su comici, sit com, farse e cose leggere. Perché in Italia ad esempio negli ultimi 15 anni si è passati da una produzione di commedie che occupavano solo il 20% del totale all'attuale 90%?

“Aspettavamo tutti il 1984. Venne, ma la profezia non si avverò; gli americani più riflessivi tirarono un sospiro di sollievo, congratulandosi per lo scampato pericolo. La democrazia aveva resistito. Altrove nel mondo forse c’è stato il terrore; a noi furono risparmiati gli incubi di Orwell. Avevamo dimenticato che, oltre alla visione infernale di Orwell, qualche anno prima c’è n’era stata un’altra, forse meno nota anche se altrettanto raggelante: quella del Mondo Nuovo di Aldous Huxley. Contrariamente a un’opinione diffusa anche tra le persone colte, Huxley e Orwell non avevano profetizzato le stesse cose. Orwell immagina che saremo sopraffatti da un dittatore. Nella visione di Huxley non sarà il Grande Fratello a toglierci l’autonomia, la cultura e la storia. La gente sarà felice di essere oppressa e adorerà la tecnologia che libera dalla fatica di pensare. Orwell temeva che i libri sarebbero stati banditi; Huxley, non che i libri fossero vietati, ma che non ci fosse più nessuno desideroso di leggerli. Orwell temeva coloro che ci avrebbero privato delle informazioni; Huxley, quelli che ce ne avrebbero date troppe, fino a ridurci alla passività e all’egoismo. Orwell temeva che la nostra sarebbe stata una civiltà di schiavi; Huxley, che sarebbe stata una cultura cafonesca, ricca solo di sensazioni e bambinate. Nel Ritorno al mondo nuovo, i libertari e i razionalisti - sempre pronti ad opporsi al tiranno – «non tennero conto che gli uomini hanno un appetito pressoché insaziabile di distrazioni». In 1984, aggiunge Huxley, la gente è tenuta sotto controllo con le punizioni; nel Mondo nuovo, con i piaceri. In breve, Orwell temeva che saremmo stati distrutti da ciò che odiamo, Huxley, da ciò che amiamo. Il mio libro si basa sulla probabilità che abbia ragione Huxley, e non Orwell”
(Neil Postman, Divertirsi da morire, Premessa, pp. 15-16)


"Quando una popolazione è distratta da cose superficiali, quando la vita culturale è diventata un eterno circo di divertimenti, quando ogni serio discorso pubblico si trasforma in un balbettio infantile, quando un intero popolo si trasforma in spettatore e ogni pubblico affare in vaudeville, allora la nazione è in pericolo: la morte della cultura è chiaramente una possibilità. Siamo tutti pronti ad abbattere una prigione, quando i cancelli stanno per rinchiudersi su di noi. Ma che succede se non si odono grida d’angoscia? Chi è disposto a prendere le armi contro un mare di divertimenti? Se hai la sensazione di vivere una realtà comoda e leggera? Tutti noi, senza accorgercene, viviamo in un lager dove a mutare sono soltanto gli scenari e i metodi: i fili spinati oggi sono dentro le nostre teste, le camere a gas sono il cielo, le catene sono diventate museruole mentali, mentre le sirene dei campi di lavoro sono state sostituite da quelle delle fabbriche prima e delle tivù poi. Siamo dentro una prigione dove ci chiedono di smettere di pensare e ridere... ridere sempre"
Certo, non abbiamo un numero tatuato sul braccio, ma siamo ridotti a codici a barre umani. Il nostro campo di lavoro è il supermercato, quello di sterminio il mondo.
Non abbiamo scelta, perché amiamo la nostra stessa schiavitù: nessuno più ci imprigiona e questa diventa la nostra peggior prigione.

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